Intervista a Froz. Il partigiano della Break Dance.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Roman Froz in passato, esplorando il suo pensiero e il suo percorso nel breaking. Con l’uscita del suo libro Partigiano del Breaking, abbiamo riscoperto la sua storia sotto una luce nuova, rimanendo affascinati non solo dai contenuti, ma anche dallo stile narrativo avvincente, che rende questo libro una fonte di ispirazione. Consigliamo la lettura non solo ai ballerini, ma a chiunque ami le storie capaci di lasciare il segno. Qui link per acquito.
Dopo aver divorato il libro – uno dei suoi punti di forza è senza dubbio la scorrevolezza – abbiamo raccolto alcuni passaggi che ci hanno colpito di più e chiesto a Froz, che ringraziamo, di approfondirli. Ne abbiamo approfittato anche per porgli domande più generali sul mondo del breaking. Ecco cosa ci ha raccontato.
Buongiorno Roman e grazie per il tempo offerto. Sei nelle librerie da alcuni giorni, quali sono i primi risconti che stai avendo? Ci sono stati episodi che ti non saresti aspettato?
Non mi aspettavo un'accoglienza così calorosa per un libro che, tutto sommato, racconta una storia che molti conoscevano già, ma che, a quanto pare, io stesso non conoscevo del tutto. Ho visto tantissime persone alle presentazioni, molti ballerini, e questo mi ha fatto davvero piacere.
Possiamo dire che è il racconto della tua vita dagli inizi fino ai vertici breaking Europeo, come hai deciso di raccontare questa storia, la tua storia? E come mai ora?
È arrivato il momento giusto perché ho capito che nel breaking esiste una parte quasi nascosta, o invisibile, che consiste nel continuare a costruire e creare anche al di fuori dell'agonismo. Tutti sono abituati a riconoscerti solo in base alle tue vittorie e ai tuoi titoli, finché sei al top e li possiedi. Una volta che smetti di gareggiare nel breaking competitivo, sei fuori, superato da qualche ventenne più in forma e con più fiato di te. Ho scoperto che sono capace di costruire il mio futuro nonostante non sia più un agonista da parecchi anni. Questo è stato uno degli aspetti che mi ha spinto a voler raccontare la mia storia, che è sì la storia della mia vita, ma riguarda qualsiasi ballerino che desideri farcela solo con le proprie forze
Colpisce il fatto che inizi raccontando una sconfitta, forse un fallimento sotto alcuni aspetti. Perché hai scelto di partire da questo momento? Quanto pensi che le sconfitte siano state fondamentali nella tua crescita personale e artistica?
Spesso si dice: o vinci o perdi. In realtà, sarebbe più giusto dire: o vinci o impari. Il mio libro inizia con una sconfitta eclatante al mio primo BC ONE, contro un ballerino che, in quel momento, ha saputo giocarsela meglio di me. È stata la lezione più utile della mia vita. Una sconfitta può portarti a vincere molto più di quanto possa fare una vittoria. Nessuno vince senza aver perso almeno una volta.
Nei primi capitoli racconti di quando a scuola hai fatto un windmill tra i banchi, mostrando a tutti la tua unicità attraverso il breaking. Fare breaking è qualcosa di unico che distingue. Secondo te, quali sono i valori più importanti che ti ha dato il breaking?
Quando si parla dei valori del breaking, si tocca sempre un argomento un po' particolare. Da piccolo credevo che l'Hip Hop, come cultura, avesse dei valori propri, come il rispetto, che però è un valore della vita quotidiana e non esclusivo dell'Hip Hop. Ora che sono cresciuto, posso dire che chi pratica il breaking mette in pratica i valori trasmessi dai genitori, il modo in cui è cresciuto e ciò che ha imparato dalle proprie esperienze. Credo che il valore universale che il breaking insegna sia che nulla è regalato: se vuoi imparare qualcosa, devi sudare. Una grande lezione di vita.
Perché consiglieresti a un genitore di far praticare breaking ai propri figli?
Sicuramente, in primis per il benessere del figlio, ma anche per far parte di una comunità dove ognuno viene accettato e valorizzato, soprattutto nei gruppi di danza delle scuole. Dico 'nei gruppi di danza delle scuole' perché in strada la situazione è un po' diversa: la competitività spesso genera dissapori che non fanno bene a un ragazzino. Il breaking permette a chi lo pratica di avere un sogno, che oggi rappresenta una delle più grandi carenze.
Nel libro scrivi “essere a terra è un mezzo per essere liberi'. Puoi spiegarci meglio cosa intendi con questa affermazione e come questa filosofia del breaking si riflette nella via?
Essere a terra, toccare il pavimento mentre provi i passi, ballare stando a testa in giù è davvero un modo per sentirsi liberi, nel senso più ampio di questa parola. La libertà come sfida, come modo di muoversi, di ballare e, probabilmente, anche di pensare. Il breaking è davvero un'espressione artistica incredibile che ti permette di esprimere te stesso attraverso il tuo stile, i tuoi passi, i tuoi movimenti e, alla fine, se ne sei capace, la tua identità.
A volte, soprattutto tra i ragazzi, si pensa che fare gli alternativi, quelli fuori dagli schemi che non seguono le regole sia una cosa figa. Tu invece scrivi: 'Nelle regole siamo liberi, nella sregolatezza siamo schiavi', personalmente penso sia una frase importante, anche come educatore. Puoi approfondire questo concetto e spiegare come si applica alla tua visione del breaking e della vita?
Abbiamo avuto esempi di come la sregolatezza e l'assenza di regole, disciplina e autocontrollo portino al degrado. Conosco molti colleghi che erano più forti di me e avevano molte più prospettive di me, ma la mancanza di disciplina e di regole di vita li ha portati a perdere tutto. Sono proprio le regole che uno si impone a permetterti di andare avanti; la loro assenza causa un abbassamento del senso di responsabilità, anche verso te stesso. Di conseguenza, se non ho regole, perché dovrei andare ad allenarmi? Perché dovrei rifare il letto o tenere in ordine la stanza? Quando mancano responsabilità o quando si è poco responsabili, il potere creativo si abbassa drasticamente. I più grandi campioni sono persone dalla disciplina ferrea che, con sudore e lacrime, hanno raggiunto i propri risultati nella vita. Sento di appartenere più a questa definizione che all’altra.
Sempre seguendo questo concetto scrivi poi: 'Chi è costretto si trova a misurare la propria volontà'. Come questa riflessione ha influenzato il tuo percorso nel breaking e nella vita? Pensi che le difficoltà e le costrizioni abbiano un ruolo cruciale nello sviluppo personale?
Tutti pensano che il breaking sia una figata pazzesca, sempre e comunque. Ovviamente non è così. Quando devi spaccarti il culo per ore e ore solo per allenare un unico ingresso, la cosa si fa noiosa. Ma è questo il processo: non ti piace, non ti diverte, ma è proprio lì che risiede il risultato. Muhammad Ali diceva: 'Ho odiato ogni minuto di allenamento, ma mi sono detto: non smettere, soffri adesso e vivi il resto della tua vita da campione.' Questa frase descrive perfettamente cosa significhi costringersi, misurare la propria volontà e capire quanto sei disposto a dare per ottenere il risultato che desideri.
Ai giorni oggi à più facile che un ragazzo abbia tutto il necessario e forse più. Tanti ragazzi nel breaking sono supportati da genitori in tutto e per tutto, come possono trovare la propria volontà senza costrizioni?
Senza mezzi termini, posso dire che la generazione di oggi ha tutto, ma allo stesso tempo non ha nulla, al contrario della nostra, che non aveva nulla ma aveva tutto. Cosa vuol dire? Vuol dire che, quando hai tutte le informazioni a portata di mano, queste sono talmente accessibili che spesso non le consulti nemmeno. Al contrario, quando non hai nulla e hai sete di sapere, ogni informazione diventa oro colato, e la ricerca si fa accanita. Oggi non c'è ricerca, o ce n'è poca, e manca quell'educazione che può portare un ragazzo ad avere la 'fame' artistica. Certo, ci sono casi isolati, ma restano singoli esempi.
Faccio l'esempio della Russia, dove c'è una quantità incredibile di ballerini di altissimo livello. Forse perché, per loro, è l'unica occasione per farcela e diventare qualcuno. Qui in Italia, alla peggio, ci sono mamma e papà. In Russia questa mentalità non esiste, ed è forse per questo che sono più forti. Il problema più grande di oggi è proprio l'assenza di identità e carattere.
Quando racconti dei tuoi round affermi che la breakdance è come una cipolla, puoi spiegare meglio questo concetto?
Parlo della cipolla come metafora, perché la cipolla è fatta a strati: se lo strato superiore è marcio, lo puoi scartare, e sotto trovi una cipolla ancora buonissima. Lo stesso vale per il breaking: un vero ballerino non si misura con un solo ingresso, ma con tanti ingressi, con la sua costanza e la sua resistenza, sia in gara che nel lungo periodo. Un ballerino può sbagliare un'entrata, ma fare benissimo quella successiva. È una struttura stratificata, proprio come una cipolla.
Penso che il tuo libro possa essere utile ai ballerini che vivono il circuito battle, hai fatto la similitudine ad un incontro di boxe e consigli di non risparmiare le entrate più potenti e conservarle ma dare subito tutto. Qual è il consiglio che daresti a un ballerino che affronta il suo primo battle importante?
A un ballerino che affronta la sua prima battle importante, consiglio di cercare di godersela, anche se sarà molto difficile. Per questo, è utile prepararsi il proprio ingresso quasi a memoria, così da ridurre la percentuale di errore. Ognuno lo vive a modo proprio, quindi il mio consiglio, per quanto possibile, è di simulare il più possibile queste sfide in un ambiente di comfort, per evitare di passare da 0 a 100 e ritrovarti in gara senza sapere cosa fare.
Tornado agli inizi racconti che già a 5 anni, i tuoi genitori ti facevano lavare i piatti a casa. Questa abitudine, apparentemente semplice, ha influenzato il tuo senso di responsabilità? E oggi, come genitore, trasmetti valori simili a tuo figlio?
Mio figlio ha già delle regole di disciplina di base e un'educazione semplice, come, per esempio, togliersi le scarpe e metterle a posto, riporre i giochi, aiutare la mamma a spostare delle cose, rendersi utile in generale. Ad ogni gesto che fa, gli insegniamo a dire 'grazie', e noi lo ringraziamo quando fa qualcosa di utile, in modo che non manchi mai il riconoscimento per le sue azioni positive. Lavare i piatti all'età di 5 anni mi ha permesso di capire che non è possibile condurre una vita senza dare un contributo. Mio padre mi ha insegnato che non si può far parte di un gruppo senza dare nulla, che sia la famiglia, una crew o un'azienda.
Ora vorrei chiederti perché un ballerino, un genitore e un adulto dovrebbe acquistare il tuo libro?
Perché è un libro che riguarda tutti noi, tutti quelli che vogliono realizzare qualcosa, un desiderio, un sogno. Questo libro può accendere la fiamma della passione dentro una persona. Dico 'dentro una persona' e non 'in una persona' perché parlo dell'aspetto più intimo e più profondo di un desiderio.
Grazie mille Froz per la disponibilità e invitiamo ancora a farvi un regalo che a un breaker non può non mancare.