Intervista a Roman Froz. Il breaking come vita.

 

Abbiamo il grandissimo piacere di ospitare una delle persone più rappresentative oggi in Italia del breaking.Per il suo vissuto come bboy e i successi conquistati ma anche per il suo diffondere l'arte del breaking in contesti che vanno oltre le single battle e dando opportunità a più ragazzi e ragazze di avvicinarsi a questa mondo.

Roman Froz, è ancora fresca l’euforia di aver visto un italiano nella finalissima Red bull BC One, solo 3 italiani erano riusciti in questa impresa e uno di questi sei tu. Prima di entrare con domande specifiche su quello che ad oggi è l'evento più importante  1 vs 1, vorremmo far conoscere meglio ai nostri lettori che magari si stanno avvicinando alla conoscenza del mondo del breaking chi è Roman Froz, il pluricampione Red Bull e vincitore di altre prestigiose competizioni. potresti condividere, o ripercorrere il tuo percorso nel mondo del breaking? Il tuo approccio e come sei riuscito a raggiungere il livello di successo che hai ottenuto?

Amaro ha scritto una pagina nella storia della breakdance italiana, riempiendomi di orgoglio. Ho iniziato nel lontano 2001 ispirato da un videoclip musicale, quello dei Bomfunk Mc's Freestyler, e è stato un colpo di fulmine. Da allora è trascorso molto tempo e molte cose sono cambiate, anche nel mondo del breaking. Da essere una disciplina di nicchia, con pochi praticanti e scarse risorse, oggi la breakdance è diffusa ovunque: in TV, nei teatri e persino alle Olimpiadi. Il Red Bull BC One si è affermato come il campionato 1vs1 di breakdance più prestigioso al mondo, nonostante le molte difficoltà nel raggiungerlo. Pochi italiani hanno avuto l'opportunità di salire su quel palco. Alcuni sono stati invitati: un italiano nel 2005 e poi Antilai nel 2023, altri hanno vinto le qualifiche, come me all'europeo del 2013, Alessandrina nell'ultimo chance del 2022, e quest'anno Amaro nell'ultimo chance a Parigi. È davvero un'impresa straordinaria, e chiunque la realizzi può sentirsi sinceramente gratificato. Io, come tanti della mia generazione, ho iniziato per pura passione e divertimento. Ora per me è anche un lavoro, la mia professione. Per raggiungere questi risultati ho adottato un approccio estremamente agonistico e sportivo, ho praticamente allenato come una macchina. Ma è risaputo: senza lotta, non c'è vittoria.

Nel corso della tua carriera nel breaking, quali sfide significative hai dovuto affrontare e quali fattori ti hanno spinto a superarle. Come hai gestito le difficoltà lungo la strada?
Sfide significative si sono presentate nel dover scegliere tra continuare a dedicarsi al breaking o iniziare a lavorare; oggi possiamo dire di vivere lavorando con il breaking. Ma chi ha sperimentato il rischio, l'insicurezza e le paure dell'incertezza può davvero comprendere il significato di questo percorso. Al giorno d'oggi, lavorare con il breaking è più accessibile grazie all'esistenza di molte piattaforme. Ai nostri tempi, invece, era come fare un vero e proprio salto nel vuoto. Affrontare le difficoltà era inevitabile e non c'era molta scelta. Come le si gestisse, però, dipendeva dalla strategia personale.
 
Nei tuoi primi anni da bboy come era strutturato il tuo allenamento? Cosa facevi per affinare le tue abilità  e com'è cambiato nel corso degli anni?
Gli allenamenti non erano così avanzati come lo sono oggi. Ci si concentrava su passi singoli, più come un'esercitazione fisica, ognuno imparava una mossa specifica o si esercitava a fare più giri. I nostri allenamenti erano prevalentemente incentrati sul puro divertimento, poiché non c'erano competizioni da affrontare, soltanto jam e raduni. Praticavamo i passi che ci piacevano di più e se riuscivi a fare il windmill, eri già considerato bravissimo. Oggi, invece, c'è una vera e propria preparazione sotto ogni aspetto. È la naturale evoluzione della nostra danza
Per un giovane che si avvicina a questa arte quali suggerimenti ti senti di dare per iniziare il proprio percorso nel modo giusto?  Quali consigli per costruire una solida base tecnica ed espressiva?
Il consiglio varia in base all'età. Se si tratta di un giovanissimo, l'importante è creare nuove amicizie e trascorrere del tempo divertendosi insieme. Se invece è più grande, il consiglio è quello di apprendere i passi per emergere dalla massa, mostrare la propria brillantezza e individuare la propria strada. Una solida base tecnica si costruisce sui fondamenti (foundation), mentre l'espressività non ha regole; è importante esprimersi come farebbe in un monologo di fronte a uno specchio.
Se un giovane sognasse di diventare un bboy professionista quali consigli gli daresti per costruire una carriera duratura e di successo in questo settore? 
Beh, dipende da quanto grande è questo sogno. Più è intenso, maggiori sono le possibilità che questa persona lo realizzi. Oggi ci sono tutte le risorse necessarie per trasformare il breaking in un lavoro e vivere anche bene grazie ad esso. Il successo, inteso come essere il migliore, è effimero, ma è sicuramente molto gratificante. Tuttavia, imparare un passo complesso rappresenta un successo piccolo ma significativo che, come un piccolo mattoncino, contribuisce alla costruzione della grande piramide del proprio successo personale.
 
Quali sono i fattori chiave da considerare? E quali sono le tentazioni o i pericoli maggiori a cui potrebbe andare incontro?
Ci sono numerosi fattori da considerare, tra cui la capacità e la versatilità del ballerino. Quest'ultima consiste nella capacità di impiegare la propria danza in vari contesti, come il teatro, la televisione o spot pubblicitari. Spesso una delle maggiori tentazioni è preferire lavori occasionali anziché continuare lo studio. Di conseguenza, si riscontra che alcuni allievi talentuosi interrompono le lezioni per insegnare o lavorare nel mondo del breaking. Tuttavia, per raggiungere il massimo livello, lo studio deve essere portato avanti fino a quando non si è completamente pronti ad affrontare il proprio percorso da soli.
Come gestire le rinunce, la pressione, le competizioni e le aspettative, senza perdere di vista la passione e l'essenza stessa della breaking?
La passione è l'amore che provi per qualcosa, in parole più semplici quanto ti piace praticare la breakdance. Anche se perdi una sfida, un battle o un contest, la tua passione non cambia. Quindi, la pressione, i sacrifici, la competizione e le aspettative fanno parte integrante del percorso che la persona sceglie di intraprendere, non di cui è costretta. Quindi bisogna rimboccarsi  le maniche e vivere la propria esperienza.
Tornado alla finale Red Bull che tipo di emozioni hai vissuto nel rivedere un italiano su quel cerchio, e come valuti la situazione del breaking oggi in Italia rispetto al panorama internazionale?
Ero proprio lì quando Amaro è salito sul palco, dietro i giudici sulla destra. È stato davvero emozionante, e ho rivissuto tutto ciò che ho affrontato per arrivare lì. Questo è il motivo per cui nutro una stima particolare per tutti coloro che hanno calcato quel palco, partendo dalle qualifiche; è un'impresa straordinaria.
 
Una delle cose più belle del breaking sono gli insegnamenti e le lezioni di vita che porta sempre con se. Quest’anno a Parigi ci ha regalato un'altra grande lezione, la terza vittoria a quasi 39 di un bboy. Sembra una favola quella di Hong 10, ma forse è una delle altre magie che può donare una disciplina come il breaking. Che lezione ci vedi dietro questa vittoria ?
Hong10 rappresenta un'eccezione senza precedenti. È stato il primo a compiere un'impresa del genere e credo sarà anche l'ultimo. La sua vittoria ci insegna che anche se alcune imprese sembrano impossibili, possono comunque essere realizzate. Quello che ha ottenuto è davvero straordinario. Attualmente, molti ballerini considerati "al vertice" stanno vivendo un momento di prosperità e, in parte, sembrano concentrarsi sulle opportunità. Questo mi ricorda la situazione di Rocky 3, quando Balboa, anziché allenarsi per sconfiggere i suoi avversari, si allenava per girare uno spot o per sponsorizzare un marchio. Oggi c'è questo rischio, e i social media non aiutano affatto. Spesso molte azioni vengono compiute solo per mostrare qualcosa a qualcuno, sponsorizzare un brand o semplicemente ottenere visualizzazioni, perdendo di vista il vero obiettivo. Hong10 ci dimostra che l'obiettivo principale deve venire prima di tutto, mentre i video brevi e le sponsorizzazioni devono essere una priorità secondaria.
Lui come i bboys di primo livello hanno una vita e una preparazione da atleta ma non sono di fatto artisti che su quel palco mettono loro stessi e la loro arte. La breve parentesi olimpica ha messo sotto i riflettori questa distinzione. A tuo avviso possono essere,  bboy e bgirl, definiti atleti?
La definizione e la terminologia, pur facendo parte della nostra cultura, rappresentano una scelta individuale. Si può chiamare un ballerino in vari modi: artista, bboy, dancer, atleta. La scelta del termine dipende probabilmente dal contesto in cui ci si trova; ad esempio, nel Red Bull BC ONE vengono chiamati tutti Bboy e Bgirl, ma quando ci si rivolge al mondo esterno, soprattutto in ambito olimpico, si utilizza il termine atleta. Personalmente, non vedo alcun conflitto nella scelta tra un termine e un altro. Quando le persone ballano, indipendentemente dal contesto, esprimono la propria danza e la propria arte, a prescindere dal modo in cui vengono chiamate.
Che rapporti hai con la federazione e come vedi gli sviluppi del breaking all’interno della FIDS alla luce della comunicazione che nel 2028 a Los Angeles con molta probabilità il breaking non ci sarà?
Al momento, mi occupo della gestione della comunicazione attraverso i canali social dedicati al breaking della FIDS. Svolgo interviste, trasmissioni in diretta e produco contenuti per informare il pubblico su quanto accade nel panorama del breaking coinvolgendo i ballerini nel progetto. Alla luce del fatto che il breaking non farà parte delle Olimpiadi di Los Angeles 2028, è probabile che si tornerà a una situazione simile a quella precedente negli eventi di breaking, con minori risorse e una minore visibilità a livello mondiale. È un peccato, ma le dinamiche che ne sono all'origine restano sconosciute a noi.
Il tuo impegno nella federazione va ad aggiungersi a tante altre attività di cui sei attore protagonista. La tua presenza televisiva, organizzatore di eventi, insegnante, giudice a battle. Sei la dimostrazione che una volta finita la carriera agonistica un bboy può vivere della sua passione.  Cosa sentiresti di dire ai genitori che magari hanno i figli con il sogno di fare il bboy e dicono loro “come puoi investire il tuo tempo nella break dance? Cosa farai dopo i 30 anni?”. Ad oggi che opportunità ci possono essere durante la carriera e dopo?
Dopo aver terminato la carriera da professionista, se ti appassiona ciò che fai, puoi crearti il tuo spazio. Molti ballerini vivono l'ambiente focalizzandosi esclusivamente sull'allenamento e sulle competizioni, seguendo questo preciso ordine. Ma per me, che non devo partecipare a nessuna competizione, la situazione è diversa; mi alleno semplicemente per il piacere di farlo. Attualmente, ho molte attività legate al breaking, come apparizioni televisive, collaborazioni con brand, offerta dei miei servizi come agenzia per aiutare altri ballerini, l'organizzazione di campionati e così via... Dopo i trent'anni, si apre un mondo di opportunità, basta saperlo creare. Ai genitori consiglierei di credere nei propri figli e di sostenerli se vedono che il breaking è davvero qualcosa di serio per loro.
Molti bboy oggi sono insegnanti e i tempi sono cambiati: prima la formazione, la crescita era quasi da autodidatta e sulla strada, ora ci sono scuole con veri e propri programmi e percorsi. Puoi spiegarci quanto sia importante appoggiarsi ad una scuola strutturata nel percorso di formazione di un bboy e in che modo contribuisce alla crescita tecnica e artistica dei ballerini?
È un'enorme fortuna poter frequentare una scuola e apprendere il breaking. Ammiro tutti coloro che hanno questa opportunità perché noi non l'abbiamo avuta. Ne parlo anche nel libro che sto scrivendo, intitolato "Dalle Strade Ai Grandi Palchi", in uscita a Maggio 2024. Oggi, il breaking dispone di una struttura didattica, un programma di apprendimento e basi solide. Ciò che gli "oldschool" non hanno fatto con noi, noi lo stiamo facendo con le nuove generazioni: insegniamo questa disciplina a tutti con passione e dedizione.
Nel corso degli anni, hai potuto osservare cambiamenti significativi nel mondo del breaking. Come descriveresti l'evoluzione dell'ambiente e la mentalità delle nuove generazione nel corso degli anni?
Il cambiamento è straordinario e quasi paradossale. È straordinario perché nel corso del tempo, tutto ciò che abbiamo sempre sognato si è avverato: siamo passati dalle strade a tutti i contesti che desideravamo. È paradossale perché in alcuni sensi abbiamo seguito l'esatto opposto di ciò che pensavamo vent'anni fa. Il breaking è cambiato, è diventato più danza ma anche più sport contemporaneamente. La mentalità che in passato rifletteva la cultura Hip Hop era contraria al mainstream, all'utilizzo della nostra immagine da parte delle multinazionali e all'uso inappropriato della nostra danza nei contest. Ma erano solo ideali del passato; oggi ci troviamo tutti in televisione, alcuni in spot pubblicitari, altri a programmi come "Amici", "Tu Si Que Vales" e altri ancora a fare sponsorizzazioni su Instagram. Come ogni cultura, anche noi affrontiamo le contraddizioni storiche imposte dal cambiamento sociale.
Prima la cultura hip hop era parte integrante del breaking. Oggi è ancora così? Cosa risponderesti a un ragazzo, molto ambizioso con il desiderio di arrivare in alto, che afferma che il suo tempo lo vuole dedicare all’allenamento e alla formazione delle proprie abilità da bboy, piuttosto che fare graffiti, MC'ing o DJ'ing.
In realtà, il breaking faceva parte integrante della cultura Hip Hop e teoricamente dovrebbe ancora esserlo. In passato, ciò che era considerato una comunità abbracciava diverse forme artistiche, ed eravamo come ingredienti all'interno di un grande calderone. Successivamente, il tempo e le condizioni sociali hanno portato alla suddivisione delle nostre discipline, creando numerose comunità specializzate in singole arti, che fosse il writing, il breaking, l'mcing o il djing. Oggi, ci sono più opportunità in ognuna di queste aree, basta credere in se stessi e impegnarsi.
Per concludere, e ti ringraziamo di cuore per il tempo dedicato, sappiamo che  da poco sei diventato padre. Spesso si dice che è  la cultura hip hop che sceglie. Tuo figlio lo accompagnerai nella conoscenza del breaking e della sua cultura, oppure pensi che sarà un percorso di scoperta che dovrà fare individualmente e non lo condizionerai?
A breve mio figlio compirà un anno, e diventare padre è stata l'emozione più bella della mia vita. È importante ricordare che l'Hip Hop è composto dalle persone e senza di loro l'Hip Hop non esisterebbe. Non è come una religione con un dio da pregare per l'assoluzione. Quindi, non userei l'espressione "Spesso è la cultura Hip Hop che sceglie", poiché la cultura non è animata, non è una persona e non fa scelte: sono le persone a farlo. Spero che mio figlio possa condividere con me le belle esperienze che ho vissuto. Sarei felice se anche lui diventasse un grande bboy, ma questo non è la cosa più importante. Il mio obiettivo principale come padre è quello di farne una persona capace di vivere e farsi valere nella società di oggi.
Grazie infinite per il tempo e la disponibilità.
Grazie a voi e a presto!