Intervista a Geme
Geme è un nome simbolo del breaking italiano, punto di riferimento per Milano e oltre. Con la sua crew, RedMiLine, ha lasciato il segno non solo sul dancefloor, ma anche organizzando eventi che hanno fatto crescere la scena.
In questa intervista, ci racconta i suoi inizi, le sfide affrontate, e i valori che rendono il breaking una disciplina unica, capace di unire tecnica, arte e comunità. Un viaggio nella storia e nel pensiero di un bboy che continua a ispirare le nuove generazioni. Un piacere porre qualche domanda e conosce la sua storia e il suo pensiero.
Puoi raccontarci come hai iniziato a ballare breaking e cosa ti ha spinto a continuare e come nasce il tuo nome da bboy?
Ho iniziato a ballare breaking nel lontano 1999/2000. Era un periodo molto diverso rispetto a oggi: ricordo ascoltavo una canzone chiamata "Freestyler" del gruppo Bomfunk Mc’s. In quel periodo, insieme al mio migliore amico Luca, passavamo ore nella nostra cameretta cercando di replicare mosse come il Thomas, o altre evoluzioni, senza ovviamente riuscirci. È stato davvero un flash che mi iptonizzò!
Da lì, abbiamo iniziato a cercare luoghi dove inseguire questa disciplina e conoscere altri ragazzi che la praticassero. A Milano e dintorni, piano piano, siamo venuti a conoscenza di alcuni punti di aggregazione. Uno di questi era un centro a Locate, dove di sera si riunivano ragazzi per ballare. Corsi di breaking veri e propri, in quegli anni, non ce n’erano: si imparava per strada, osservando e provando.
Un luogo simbolo di quegli anni era il famoso muretto di Milano. C’erano bboy e bgirl , ma non ti accoglievano subito a braccia aperte. Dovevi conquistarti il loro rispetto e solo col tempo potevi condividere il floor con loro. Sicuramente non è stato facile come ora.
Nel frattempo, nella mia zona, Rozzano, si era formato un piccolo gruppo di ragazzi della mia età. Eravamo una decina e condividevamo la passione per il breaking. Cercavamo di imparare come potevamo: scaricando video da internet, nonostante la lentezza del 56k, oppure registrando video su VHS. Guardavamo e cercavamo di imitare le mosse, costruendo pian piano il nostro stile.
Rozzano era un ambiente difficile, una vera periferia e posso dire davvero di venire dalla strada, non come si sente dire spesso. Un posto che ci ha cullato in tutte le sue sfaccettature. Oltre a questo il mio lavoro è letteralmente per “strada”, lavorando nei mercati rionali milanesi vendendo abbigliamento. È un contesto dove devi farti rispettare per sopravvivere. Il fatto che allora non ci fosse nulla mi ha dato la grinta e la “ fame “ di andare a prendermi quello che sentivo di volere, diventare un bboy e avventurarmi in questo mondo HH. Credo che questa sia una cosa che manca un po’ ai ragazzi di oggi, abituati a una realtà più strutturata, e più smart nel recepire informazioni.
Il mio nome, Geme, deriva dalla mia compagnia di amici. Essendo gemello, tutti mi chiamavano Geme. Ho portato questo nome anche all’interno del breaking, che ormai fa parte di me. Ho vissuto davvero la cultura hip hop in tutte le sue sfaccettature, e penso che questo background sia ciò che mi ha formato come persona e come b-boy."
Chi sono stati i tuoi punti di riferimento o mentori nel tuo percorso di crescita?
Per quanto riguarda i punti di riferimento e i mentori che hanno influenzato la mia crescita nel breaking, ci sono state tante persone importanti. Innanzitutto, i primissimi sono stati i miei compagni di avventura: Toni Thuna , Snod , Daniele, Dave e altri della mia prima crew , gli INS. Poi c’è stata la mia seconda crew, i RedMiline, i quali Fle, Tonino, Sardo, Amedeo, Spider mi hanno sempre supportato e offerto consigli preziosi per crescere e migliorare.
Parlando di mentori ‘reali’, ovvero figure che non solo influenzano tecnicamente ma che riescono a ispirarti profondamente ce ne sono molti. Spesso si trattava di b-boy che non avevo mai conosciuto di persona ma che ho ammirato da lontano. Per esempio, sono sempre stato affascinato dalla scena dell’Europa dell’Est, in particolare dallo stile Russo/Ucraino. B-boy come UzeeRock, Intact, Pluto, Robin, Kosto sono stati per me grandi modelli di ispirazione.
Anche la scuola americana mi ha sempre stregato , con b-boy come Luigi, Crumbs, Flea Rock che hanno ampliato la mia visione e alimentato la mia passione.
Per quanto riguarda la scena locale e al difuori della mia crew Matteino, Twice, PhilGood, Froz, sono stati per me una fonte preziosa di informazioni e motivazione nei primi anni.
Tutti questi nomi e influenze, dalla scena internazionale a quella locale, mi hanno permesso di sognare in grande, di spingere i miei limiti e di crescere sia come b-boy che come persona. Ogni singolo input ricevuto, in qualche modo, ha contribuito a farmi diventare quello che sono oggi.
Qual è stato il momento o l’evento che ha segnato una svolta nella tua vita da b-boy?
Ci sono stati diversi eventi che hanno segnato delle svolte nella mia carriera da b-boy. Uno dei più importanti è stato sicuramente il momento in cui ho iniziato a prendere il breaking più sul serio. Come dicevo prima, in quegli anni non c’erano scuole dove potevi imparare: tutto era autodidatta, ed era davvero difficile crescere velocemente. Spesso ti sentivi scoraggiato perché i risultati non arrivavano, e l’assenza di risorse o informazioni rendeva il percorso ancora più complicato. Inoltre, ho iniziato a ballare a 16 anni, che confrontato ad oggi saresti già mezzo tagliato fuori.
Il primo vero punto di svolta è stato quando abbiamo creato la nostra prima crew, gli INS di Rozzano. Eravamo tutti ragazzi della mia zona e, pur tra mille difficoltà, abbiamo iniziato a fare un percorso insieme. Tuttavia, sentivo il bisogno di spingermi oltre, di alzare l’asticella. Questo desiderio mi portò a partecipare a molti eventi e uno tra questi chiamato “Cioccolata Foundation” organizzato da Nagasaki a Brescia segnò la svolta.
Quella battle, però, fu per me una lezione dura. Ballai malissimo, insieme al mio compagno di crew, Tony, in una sfida che per me resterà memorabile. Quella disfatta mi segnò profondamente, ma al tempo stesso fu una rinascita. Mi dissi: o lo faccio seriamente e miglioro davvero, oppure mollo tutto. Non volevo più provare quella sensazione di insoddisfazione, né vedere che nelle battle non riuscivo a ottenere risultati. Così, decisi di impegnarmi al massimo.
Era il 2006, se non sbaglio, e da lì iniziai a lavorare duramente. Con il tempo, però, mi resi conto che il gruppo con cui stavo non condivideva la mia stessa determinazione e gli stessi obiettivi. Fu allora che iniziai a stringere un’amicizia con Flavio e con alcuni b-boy di Milano, con cui avrei poi fondato una nuova crew nel 2009. Con loro raggiungemmo ottimi risultati, vincendo competizioni importanti e costruendo qualcosa di davvero significativo.
Un altro momento chiave è stato al ritorno da uno dei tanti HipHop Connnetion che partecipai (2009) dove ebbi un incidente in autostrada con Fle, e miracolosamente uscimmo illesi, usciti dall'auto dissi“ Fle , non mi interessa come andrà ,ma appena ritorniamo a Milano voglio organizzare un qualcosa di potente che nessuno ha mai ha organizzato, e poi vediamo di crearci una nostra crew" detto, fatto!
C’è un evento o una competizione che ricordi con particolare orgoglio? Perché?
Un evento che ricordo con particolare orgoglio è stato il mio primo battle vinto. Non riesco a ricordare il nome preciso del contest, ma si tenne a Biella, all’interno di un bowling. Era un periodo in cui stavo davvero spingendo tanto per evolvere il mio breaking, e decisi di partecipare insieme al mio amico "Freaky Fra”.
Era un contest uno contro uno, e ricordo perfettamente la sensazione di quella giornata. Ero carico, focalizzato, e spinsi al massimo. Alla fine, riuscii a vincere la battle, e quella vittoria fu per me un punto di svolta. Mi diede la consapevolezza che il lavoro che stavo facendo stava finalmente portando i suoi frutti, motivandomi a continuare con ancora più determinazione.
Un altro evento che ha lasciato un segno importante nella mia carriera è stato il "Soul On Top", una competizione internazionale. In quell’occasione, insieme ai miei compagni di crew Redmiline, ci siamo messi in gioco e siamo riusciti a farci notare contro una crew conosciutissima come gli est side bboys.
Questi episodi sono state tappe fondamentali, ma c'è un altro aspetto che per me ha sempre avuto grande importanza: gli eventi che ho organizzato personalmente insieme ai miei compagni.
Ogni evento creato è stato un punto di slancio e mai un punto d'arrivo. Anche se l’organizzazione è sempre molto stressante, il sentimento che provo a fine giornata è incredibile. È un po’ come vincere un contest: vedere le persone felici, ricevere complimenti per il successo dell’evento e sapere di aver fatto qualcosa di buono per la comunità mi riempie di orgoglio. Sono momenti che mi fanno capire quanto sia importante quello che faccio e mi motivano a continuare.
Parlando di esperienze memorabili, aggiungerei anche i viaggi con la crew all'estero. Uno dei ricordi più belli è stato in Olanda, dove abbiamo vissuto esperienze indimenticabili con l’I.B.E , il Circle industry, SilverBack e quando sono andato con Spider a Los Angeles per la world final del Freestyle Session: un viaggio incredibile, con un'accoglienza e un apprezzamento straordinario. Quella trasferta in America è stata sicuramente una delle più emozionanti e significative della mia vita.
Qual è l’essenza della tua crew, la ReMiLine. Come lavorate per mantenere questa identità forte e riconoscibile?
Il senso della nostra crew risiede nella capacità di mantenere un equilibrio chiaro tra lavoro e passione. Noi, come crew, abbiamo deciso di non trasformare il breaking nel nostro lavoro principale, perché pensiamo che farlo significherebbe scendere troppo a compromessi, finendo per stravolgere i nostri ideali.
Per questo motivo non ci interessa particolarmente fare spettacoli teatrali o essere inseriti in contesti che per noi sono poco appetibili. Quello che davvero ci interessa è vivere la scena da breakers puri. Non puntiamo a essere famosi per gli spettacoli, ma a costruire una reputazione solida nella cultura del breaking.
In Italia esiste una sorta di ‘mappa immaginaria’ della scena, dove ogni crew deve scalare posizioni per arrivare al vertice. Nel nostro percorso ci siamo distinti grazie alla nostra determinazione, nonostante i nostri mezzi e le nostre risorse fossero limitati rispetto a quelli di altri. All’inizio fu molto dura, ma le numerose sconfitte ci temprarono per andare sempre più avanti. Sapevamo di dover fare il nostro meglio per farci conoscere e rispettare.
La nostra identità si basa su alcuni principi fondamentali: restare fedeli a noi stessi, non litigare inutilmente con nessuno e rispettare quelle regole non scritte della scena . Abbiamo sempre portato avanti uno stile ben definito, senza mai tradire i nostri valori. Questo ci ha permesso di essere rispettati e apprezzati da tutti nella scena.
Grazie a questa coerenza, abbiamo costruito un'identità riconoscibile e forte, che ancora oggi ci rende orgogliosi. Credo che il messaggio più importante sia questo: perseverare, restare autentici e fare le cose bene, senza scendere a compromessi che possano snaturare ciò che rappresentiamo.
Sappiamo che dedichi il tuo tempo, la tua professionalità nell’organizzare eventi a tema breaking. Cosa ti spinge ovi volta a metterti in gioco? Quali sfide hai affrontato nell’organizzare eventi di breaking e cosa hai imparato da queste esperienze?
Ho iniziato a organizzare eventi nel 2009 e, nel corso degli anni, ho accumulato circa 49 eventi organizzati, sempre con la massima dedizione e professionalità. Ogni evento è stato una sfida, ma anche un’occasione per alzare il livello della scena e migliorare ciò che NON mi piaceva negli eventi a cui partecipavo.
Spesso, infatti, mi trovavo a lamentarmi di problemi come pavimenti inadatti, impianti audio scadenti o mancanza di organizzazione generale. Per questo motivo, ho sempre dato priorità a questi aspetti fondamentali, cercando di eliminare le inefficienze. Per esempio, ho introdotto numerazioni e liste ben visibili per semplificare l’ordine di esibizione, eliminando uno stress inutile per i b-boy e le b-girl.
Tra gli eventi più importanti che ho organizzato: Circle Industry (qualifiche italiane), uno dei primi eventi che ha portato in Italia competizioni di livello internazionale. RedBull CityCypher Milano e Battle of the Year italy , La qualifica per L’evento più famoso nel panorama del breaking mondiale, Like a Bomb (2019), che ha raggiunto un livello altissimo attirando partecipanti da tutto il mondo come Russia, Isreaele ,Venezuela e persino Asia. Questo evento è stato un punto di riferimento per la scena italiana, un appuntamento imperdibile che ha contribuito alla crescita della scena nazionale. Poi durante la pandemia, sono stato l’unico insieme a Snook in Italia a organizzare un evento sotto il profilo agonistico, dimostrando che anche in momenti difficili era possibile sostenere la scena. Oltre a questi successi, sto lavorando al futuro con altri ragazzi come Urban Giants, un festival di street art, dove il breaking sarà integrato in modo innovativo.
Che consiglio daresti a chi vuole iniziare a organizzare eventi di breaking, sia a livello locale che nazionale?
Se posso dare un consiglio a chi vuole organizzare corsi o eventi legati al breaking, direi innanzitutto di non bloccarsi per la paura di non riuscire a rientrare nei costi. È ovvio che bisogna agire secondo le proprie disponibilità economiche, ma il punto fondamentale è partire con qualcuno che condivida i tuoi stessi obiettivi. Organizzare un evento dovrebbe essere prima di tutto un’esperienza divertente per chi lo crea e per chi vi partecipa.
Non bisogna temere di fare errori: gli sbagli fanno parte del processo e aiutano a crescere. L’importante è pianificare con i giusti tempi e modi, trovando la chiave per farsi notare dalla scena. Questo significa mettere cura nei dettagli: scegliere un buon locale, assicurarsi che la musica sia di qualità come la giuria e creare un’atmosfera positiva, con un bel floor. Anche se si organizza in una città magari non facilmente raggiungibile, con il tempo, la dedizione e la qualità, le persone arriveranno.
È fondamentale che le nuove generazioni si mettano in gioco per creare nuovi movimenti e situazioni. La scena ha davvero bisogno di fresche energie e iniziative. Purtroppo, ci sono realtà un po’ stanche, quasi fossilizzate su modelli ripetitivi, e per farle rivivere servono coraggio, idee e passione.
Spero che ci saranno sempre più giovani disposti a rimboccarsi le maniche e a portare avanti la cultura del breaking, con autenticità e dedizione. Alla fine, ciò che conta davvero è il cuore che si mette in ciò che si fa.
Cosa credi che il breaking possa insegnare a livello personale e sociale, oltre alle abilità tecniche e atletiche?
Quello che riguarda la sfera personale e sociale nel mondo del breaking è strettamente legato alla capacità di adattarsi alla vita reale. Il nostro mondo, sebbene sembri una sfera a sé stante, è interconnesso con altre realtà. Ad esempio, allenarsi in uno spazio dedicato al breaking non significa solo concentrarsi sui passi, ma anche condividere con i propri compagni consigli e idee. Questo tipo di interazione, che riguarda il nostro movimento e la nostra cultura, porta a sentirsi parte di qualcosa di più grande. Non si è mai soli in questo percorso, ma parte di una comunità che si supporta reciprocamente.
Questa sensazione di appartenenza non si limita al mondo del breaking, ma si riflette nella vita quotidiana, rendendo chi si avvicina a questa cultura una persona più inclusiva. Nel nostro ambiente, infatti, tutti sono benvenuti e l'obiettivo è sempre quello di divertirsi e migliorarsi insieme.
Inoltre, il breaking ha una dimensione che va oltre la mera espressione artistica e atletica: promuove l'inclusività anche dal punto di vista razziale. Il nostro movimento non ha confini e, sebbene parlino lingue diverse, ci sforziamo comunque di comunicare e di condividere le stesse emozioni, sia che si tratti di una crew locale o di un gruppo internazionale. Questo approccio ci aiuta a confrontarci con persone diverse da noi e a vedere il mondo da prospettive diverse, rendendo più facili i contatti e le connessioni, che vanno oltre le barriere culturali.
Le abilità sociali che sviluppiamo nel mondo del breaking, quindi, non sono solo utili durante le sessioni di allenamento, ma influenzano anche la nostra vita quotidiana. Il rispetto, la comunicazione e l'inclusività sono principi che pratichiamo dentro e fuori dalle battaglie di danza, contribuendo a una crescita personale e collettiva che arricchisce ogni aspetto della nostra vita.
Perché secondo te un ragazzo ragazza oggi dovrebbe scegliere di praticare breaking come alternativa alle classiche attività extrascolastiche? Quali valori e benefici porta con sé questa disciplina?
Il breaking è un’attività straordinaria e unica, soprattutto perché è ancora una disciplina meno conosciuta rispetto a discipline più popolari come il calcio, la pallavolo la pallacanestro ecce cc. Questa unicità attira proprio chi vuole distinguersi, chi sente il bisogno di fare qualcosa di diverso rispetto alla massa. È un modo per esprimere la propria identità e trasformare quella diversità in un punto di forza.
Quando fai breaking, non sei solo qualcuno che segue il flusso comune. Sei qualcuno che lascia il segno. È una disciplina che ti rende speciale agli occhi degli altri: non capita spesso di vedere una persona che si esibisce in mosse spettacolari, e l’ammirazione di chi guarda è palpabile. Le persone si sorprendono, ti fanno i complimenti, e questo ti dà una sensazione incredibile. Fare breaking è come essere un supereroe: fai cose che pochi possono fare, e questo ti fa sentire unico. Diciamolo chiaramente: se fai breaking sei un figo.
Inoltre, il breaking non è solo spettacolarità: porta con sé valori fondamentali come il rispetto, la condivisione e la libertà di sognare. Sono aspetti che si stanno un po’ perdendo nella società odierna, dominata dalla tecnologia e dalla digitalizzazione, ma che nel breaking trovano spazio e importanza.
Dal punto di vista fisico e mentale, il breaking è una disciplina completa. Richiede forza, resistenza, flessibilità e concentrazione. Dal punto di vista fisico è uno sport a tutti gli effetti ma ha un’anima artistica che lo rende davvero magico.
Consiglierei il breaking a chiunque, ragazzo o ragazza, a chi voglia mettersi alla prova, superare i propri limiti e immergersi in un mondo fatto di creatività, comunità e passione. È un’esperienza che ti arricchisce e ti fa crescere, sia fisicamente che personalmente.
Credi sia possibile mantenere un equilibrio tra l’aspetto atletico e quello artistico? Se sì, in che modo?
Credo che sia possibile mantenere un buon equilibrio tra l’aspetto atletico e quello artistico nel breaking, ma dipende molto da come ogni b-boy o b-girl decide di approcciarsi alla disciplina. Se il tuo obiettivo è concentrarti di più sull’aspetto atletico, ad esempio, potrebbe esserci meno enfasi sull’espressione artistica, ma comunque la tua danza avrà un impatto estetico e comunicativo. D’altro canto, se ti focalizzi sull’aspetto artistico, potresti scegliere di interpretare il breaking in modo più personale e creativo, ma non per questo meno fisico.
Prendiamo ad esempio qualcuno come Phil Wizard. Lui ha affinato un equilibrio perfetto tra atletismo e arte, riuscendo a mantenere una tecnica fisica impressionante, ma sempre con un forte lato espressivo. Questo tipo di equilibrio richiede tantissima disciplina e dedizione. A livelli molto alti, come quelli di competizione internazionale, il breaking si trasforma in una vera e propria professione. Per raggiungere certi livelli, ci vuole un impegno costante, tanto allenamento, e anche una buona dose di sacrificio. Può diventare un lavoro a tempo pieno, dove la tua preparazione atletica è molto impegnativa, ma allo stesso tempo devi mantenere un lato artistico per distinguerti.
Quindi sì, è possibile, ma bisogna essere consapevoli che è una strada lunga e difficile, che richiede un costante bilanciamento tra il fisico e l’espressione, e una certa maturità nel capire come vuoi evolverti come artista e atleta.
Quali consigli daresti ai giovani b-boy e b-girl per trovare la propria identità artistica mentre sviluppano anche la loro preparazione fisica e atletica?
Un consiglio che posso dare a chi si avvicina al breaking è sicuramente quello di portare la propria visione senza paura di mostrare chi si è. Io ho sempre portato la mia visione, senza vergognarmene, anche se a volte ho dovuto fare scelte difficili o prendere decisioni controcorrente. Non mi sono mai fatto intimorire dai giudizi esterni e sono andato sempre avanti per la mia strada, con determinazione. E i risultati, alla fine, sono arrivati.
Oggi c'è una sovrabbondanza di informazioni, troppa, soprattutto grazie ai social e ai video su YouTube. Tutti parlano di breaking e l'informazione è troppa alla portata di mano. Quando ho iniziato, però, le cose erano diverse: le informazioni erano più difficili da trovare e dovevamo davvero impegnarci per apprendere. La voglia di imparare cresceva di giorno in giorno, a forza di ricerca e di confronto. Ora, con l'accesso a tutto così facilmente, alcuni potrebbero essere più "placidi", prendendo tutto come se fosse scontato. È importante però non fermarsi all’apparenza e continuare a cercare, perché l’informazione può sembrare facile, ma la vera crescita si ottiene solo con la ricerca continua e la sperimentazione.
Il mio consiglio è di trovare il proprio stile. Se avete trovato ciò che vi appassiona e vi rappresenta, andate avanti per quella strada e non fermatevi. Circondatevi di persone che la pensano come voi, che vi supportano e che vi motivano. Non lasciatevi scoraggiare dai primi errori o dalle difficoltà iniziali. Anzi, cercate di trasformare ogni difficoltà in una risorsa.
Nel mio percorso ho affrontato molte battaglie difficili, sia nelle competizioni che nelle situazioni con altri artisti. Ci sono stati momenti in cui non ci capivamo, ma ho sempre cercato di trasformare quelle esperienze negative in energia positiva. Ogni ostacolo può essere un'opportunità per crescere, per vedere il bicchiere mezzo pieno. Non bisogna mai buttarsi giù, ma piuttosto utilizzare ogni esperienza per andare avanti e migliorarsi.
Con l’evoluzione del breaking come sport olimpico, molti b-boy e b-girl seguono ora una preparazione atletica simile a quella degli sport professionistici. Come pensi che questo influisca sull’aspetto artistico e creativo del breaking?
Passando allo sport olimpico, devo dire che sono cambiate molto le dinamiche e La velocità con cui le cose sono cambiate è impressionante. Ovviamente, ci sono cose che si potevano fare meglio, ma nel complesso non è stato così negativo. Adesso si ha la possibilità di rinnovarsi e prepararsi in modo diverso, con allenamenti più mirati e preparatori atletici che aiutano a comprendere meglio il corpo.
Lo stretching e la preparazione fisica sono diventati fondamentali, e questa è una parte che sta crescendo sempre di più nel mondo del breaking. Ora è quasi una necessità per evitare infortuni e per mantenere una forma fisica adeguata. L’impegno è aumentato, ed è anche logorante a volte, ma allo stesso tempo è incredibile vedere quanto siamo arrivati lontano. C’è una potenza che bisogna mantenere, e questo richiede allenamenti costanti. Non possiamo più fare affidamento solo sull’aspetto underground del breaking, ma dobbiamo affrontare la realtà di competere a livelli sempre più alti ( se lo vogliamo ).
Questo è il percorso che stiamo facendo e che tutti quelli che vogliono davvero entrare nel mondo del breaking devono comprendere. L’underground è sempre parte di noi, ma bisogna anche adattarsi e crescere per rimanere competitivi. Le sfide sono sempre più grandi e la ruota gira sempre piu veloce, quindi bisogna essere pronti per il prossimo Step!
Guardando al futuro, quali sono i tuoi progetti e quelli della crew? Ci sono nuovi eventi, competizioni o collaborazioni in programma?
Guardando al futuro, i giorni passano velocemente. Mi ritrovo a pensare a quando mi sono incrociato con Spider nel lontano 2010/2011 dove aveva 6 anni. È incredibile come il tempo sia volato, abbiamo fatto tantissime cose insieme e sicuramente il futuro è pieno di avventure ancora da esplorare, ma sono sicuro che ci saranno ancora tanti eventi da organizzare e battle dove spaccare e lasciare il mio stile..
Sicuramente, con l’avanzare degli anni, mi sento un po’ stanco. Il tempo passa, le articolazioni fanno male e la famiglia cresce. Ora con mio figlio Edo, che ha cominciato a ballare guardandomi chissà se prenderà la mia strada o quella di spider, qualcuno che raccoglierà l’eredità di quello che ho fatto. Il futuro è pieno di sorprese, quindi incrocio le dita.
Per ora, siamo ancora qui, ci divertiamo a partecipare agli eventi e a vedere i giovani della crew crescere e spingere sempre più. Stiamo lavorando insieme con l’obiettivo di mantenere la nostra unità salda e di continuare a fare ciò che ci piace. La passione è ancora tanta, e le cose da fare sono ancor di più!
Quindi spingete cari ragazzi & ragazze , ci vediamo nei Cypher!!!!